martedì 1 ottobre 2013

The End.

Greenfield, 2515

Aileen aveva sempre pensato che gli unici morti che avrebbe mai visto sarebbero stati quelli in un letto d'ospedale - candido e asettico -, con gli occhi ben chiusi come se stessero semplicemente dormendo un sonno lungo una vita - sua madre e l'odore del disinfettante.
Era sicura che avrebbe avuto una vita tranquilla, relativamente felice, decisamente ricca; che non avrebbe mai toccato con mano la sofferenza, quella vera, quella che frantuma le ossa ad una ad una e ti ricostruisce perdendosi qualche pezzo, 'ché dopo risulti intero ma ti manca qualcosa.
Ma guardare André inginocchiato sulla riva fangosa, in un giorno di pioggia, affannarsi e recitare una spezzata litania - tipregotipregotiprego - sul cadavere di Skylar, era stato un pugno allo stomaco. L'epifania, la rivelazione, che l'ambiente che aveva preso a frequentare - le persone di cui si era innamorata - avevano ben più di qualche disordine sociale. Aggrappata al suo ombrellino rosso - immobile terrorizzata rotta -, realizzò fino in fondo che le persone, attorno a lei, possono morire da un giorno con l'altro - quattro fori rossi sbocciati nel petto, macerati dall'acqua.
Il sorriso sulla bocca di Skylar, in quell'apparente pace, risultava quasi grottesco - incubi e notti senza sonno, già sapeva. Il prendersi le sue piastrine - di Riley - e il barcollare via, aggrappata ad André quasi fosse l'unica cosa salda in quel mare di consapevolezza che l'aveva colpita come un colpo di pistola a bruciapelo, era stata l'unica cosa logica che era stata in grado di fare. E lo scoppiargli a piangere contro la camicia, qualche passo dopo, la più umana.

Greenfield, 2515

Aileen aveva sempre pensato che Joe Black fosse sparito, inghiottito da questo 'Verse così spietato che non fa prigionieri - sbattuto in carcere per una vita intera. Non era affatto preparata ad inciamparci in un sentiero fangoso di Greenfield - lui e il Lupo dagli occhi blu -, non era affatto preparata a vedere la situazione degenerare davanti ai suoi occhi, in un battito di ciglia - in un colpo di pistola.
Zakhar Moriarty, un pugno, Myar e un colpo in pancia. Il mettersi in mezzo - tra lei e l'uomo che un tempo aveva amato - l'aveva fatto senza neanche pensarci troppo, lasciando cadere quello stesso ombrellino rosso del giorno del macabro ritrovamento.
Joe aveva sparato, senza riflettere - senza voler fermarsi - e il proiettile si era piantato, beffardo, accanto a lei, nel terreno fangoso poco fuori Oak Town. Le aveva sparato. Come se si fossero catapultati indietro di anni e anni - di una vita intera - e lui fosse semplicemente lo spietato criminale che l'aveva trascinata via dalla Villa del suo cliente per un colpo andato male. Anni inceneriti dal rombo di una pallottola.
Aveva perso i sensi subito dopo, un colpo di taglio alla nuca. E, in un certo senso, era stato un sollievo - troppi i ricordi contro cui combattere.

Badass, 2515

Aileen aveva sempre pensato che ritornare su quella nave, in cui tutto è cominciato, sarebbe stato diverso. Completamente diverso. Che non si sarebbe trovata incatenata per le caviglie alla parete di una cabina, che non avrebbe guardato Myar venir trascinata fuori, che non avrebbe sentito uno sparo - violento quanto il dolore che le stava spezzando il cuore - rimbombare fuori, nella stiva - tre morti tre vite tre fantasmi.
Alec aveva gli occhi di chi non poteva fare nulla se non guardarla - impotente, disperato -, 'ché lei l'ha sempre saputo che Fenix era un bravo soldato: obbediente, leale - il ricordo di una notte in un corridoio di Hall Point, la sua schiena sotto le unghie.
Il saluto che le ha fatto uscendo dalla cabina suonava così definitivo, alle sue orecchie, che nemmeno Blaze e le sue parole - morirai - aveva avuto così tanto effetto; che il suo chiamarla Leen - ancora un'altra coltellata - e il suo chiederle come diavolo ci siano arrivati lì, in quella situazione, l'ha semplicemente fatta piangere. Non avrebbe saputo rispondere, in realtà, neanche se ci avesse riflettuto tutta una vita - quella che stava per perdere.
Il bacio d'addio del Lupo aveva un retrogusto amaro, familiare, come se qualcosa che avesse smarrito ormai tanto tempo fa, tra le pieghe dei ricordi, tornasse a carezzarle la memoria con mano ruvida ma dolce. Morire, pensò stupidamente, fa diventare poetici.

Badass, 2515

Aileen aveva sempre pensato che il Karma li avrebbe riportati lì, esattamente in quella cabina.
Sangue con sangue, Aileen Ward.
E se il primo era stato un taglio sulla mano e una stretta per amicizie future, il dolore che le sbocciò tra i polmoni fu violento e improvviso, risucchiandole qualsiasi respiro sulle labbra che Joe stava premendo sulle sue - dolce anestesia per non sentire nulla se non il suo ultimo bacio.
Non era scritto che Aileen avrebbe avuto un futuro felice e tranquillo; non era scritto che un'Accompagnatrice potesse sopportare tutto questo ancora a lungo, senza subirne le conseguenze: perché lei, una coscienza, ce l'ha ancora; non era scritto che loro due potessero stare insieme, non in questa vita.
Non era scritto.
Eppure per qualche motivo, da sciocca sognatrice, l'aveva pensato davvero.
19:19 Aileen [Badass|Cabina]   « Trema, malgrado la pelle del Weaver sia bollente attraverso la stoffa, attraverso quel bacio che la stordisce, quasi fosse l'anestesia, per non sentire nulla se non lui e la carezza delle sue labbra. La canna della Multigun è gelida, sopra la stoffa sottile della camicetta. Si chiede, scioccamente, se si provi tutto quel freddo, a morire. Il colpo di pistola arriva improvviso, tuttavia, in un rombo secco che non riesce a collegare subito al dolore che le sboccia, repentino, tra i polmoni. La stoffa bianca - l'unico indumento di quel colore che indossa - della camicia si tinge di rosso, laddove il proiettile le ha spezzato il cuore, senza possibilità di appello. Ha sgranato gli occhi, nell'impatto, senza poterne fare a meno; pulsa ancora un paio di volte, in cui lo fissa senza realmente vederlo, forse, o magari non vuole chiudere gli occhi finché non muore, tra le sue braccia. In quella frazione di secondo, pensa distintamente a due cose. La prima è una sua holografia, di quando era bambina, in un vestitino rosso, raggiante; la madre e il padre la fanno dondolare verso l'obiettivo, reggendola per le manine, e Michael si regge in una gran risata alla schiena del padre. Poi pensa ad Huck, sulla Spacesick a giocare a carte, da solo; si chiede per l'ultima volta se quello che ha sentito sotto le dita, malgrado lui adesso stia con Edwards, era davvero rimpianto. Non fa tanto male, si dice, mentre il buio comincia ad afferrarle la coscienza. Non fa male come pensava. E poi, Aileen Ward muore; e tutto quello che ha pensato o vissuto si dilegua e sparisce per sempre, in uno sfarfallio di ciglia. » [/end - quella vera]
L'ultimo bacio, mia dolce bambina,
brucia sul viso come gocce di limone.
L'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove, piove.
L'ultimo abbraccio, mia amata bambina,
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento,
il senso spietato di un non ritorno.


mercoledì 11 settembre 2013

Under the trees.

« Spegni questo fuoco, sorella. »

Il cielo di Greenfield stava precipitando verso di loro in quella radura - nebbia blu e densa, una cascata di stelle tra le fronde delle querce.
Qualcosa le solleticò la guancia - rugiada, probabilmente -, labbra bollenti fugarono quel freddo provocandole un altro brivido e facendole affondare le unghie in quella schiena.
André ha la pelle intrecciata di inchiostro e cicatrici, quasi fosse stato cucito in nero su una tela bianca; ha dita ruvide e nervose, piacevolmente selvatiche sulla pelle candida - il suo tocco infuocato sul seno e tra le gambe combatteva col fresco della notte che era una patina sottile sulla pelle.
Brividi scatenati dalle carezze delle sue mani e dalla carezza della notte, confondendosi in un turbinio di sensazioni che le indebolivano le gambe, serpeggiavano per tutte le sue terminazioni nervose fino ai piedi e alle caviglie tremanti.

Lei si inarcò - erba e terra bruna sotto la sua schiena - e inclinò il capo offrendo la gola alle sue labbra. Aprì gli occhi per guardare il cielo limpido di un blu così profondo che aveva l’impressione di precipitarvi dentro - un po' come negli occhi neri che le formicolano addosso.
Rotolarsi nell'erba significava annodarsi i capelli di rametti e fili verdi, massacrarsi le labbra e la carne di respiri e risate - graffi che probabilmente brucerebbero di più se non ci fossero, sotto il sudore che l'erba umida confonde sulla pelle.
Annullarsi in lui era spegnere un desiderio a lungo titillato, assaggiato e inseguito un bacio rubato dopo l'altro; era un bicchiere d'acqua nel deserto, balsamo su una ferita aperta, l'ultimo desiderio che diventa lo sfizio di un'infatuazione divorante.
Lui rise contro la sua pelle, ebbro e languido, e a lei venne in mente la macchia di rossetto sulla maglia - oscenamente consumata - incastrata nelle radici della quercia. Il belletto scarlatto è solo un ricordo, perso tra sospiri e labbra umide.
L'Hudson River era un rumore lontano - grilli assordanti nel silenzio della radura, come tanti sistri d'argento. L
a sua voce le baciava le orecchie di mormorii indistinti, in quell'accento di Shadetrack imbastardito dal francese.
Aileen pensò di nuovo a cosa aveva visto toccandolo - ricordi sotto le dita. Un bambino biondo, intravisto quasi fosse una sagoma nascosta dietro il buco di una serratura, sotto un sole pallido; si era ritratta scottata, confusa. Amareggiata e irrequieta almeno quanto il proprietario di quel pensiero, che l'aveva guardata senza capire.
E che, adesso, la stava premendo con dolce irruenza contro le scaglie di corteccia sul prato.

« Potrebbe arrivare chiunque. »
Lui sorrise nella piega del suo collo - vispo e indolente, può immaginarlo anche senza guardare -, strofinandole sulla clavicola - l'ombra di un livido vecchio, di un altro uomo - la guancia appena sbarbata e stranamente liscia come un gatto che fa le fusa.
« Da quando sei così puritana? »
Per il resto della nottata ci fu solo languido silenzio, tranne il bisbiglio ardente sulla sua bocca di un Profeta ispirato - mormorii indistinti baciati e bruciati dalle sue labbra rosse.


« What is that tall woman doing there, in the trees?
I can hear rabbits and mourning doves whispering together
In the dark grass, there...
 Under .. the .. trees. »

sabato 7 settembre 2013

I don't care.

Bullfinch, Timisoara, 2515

Polvere, pensieri, papaveri.
Nei campi poco fuori da Timisoara, nelle stradine sterrate che si snodano da un ranch all'altro - serpenti che strisciano nel verde -, spiccano gruppi di papaveri quasi sfioriti.
Talmente rossi che nei suoi pensieri cupi assomigliano quasi a macchie di sangue - bombardamenti, bambini, bestemmie.
Il vestitino orientale color panna rischia di sporcarsi, sdraiata così nell'erba del primo prato su cui ha ritenuto necessario sdraiarsi e fissare il sole sbocciare sul filo dell'orizzonte. Non le importa.
Non mi importa non mi importa.
E' bloccata su Bullfinch ormai da settimane, in attesa di un permesso - St. Andrew, Dragan Joe, un messaggio - che tarda ad arrivare. Aileen si chiede, osservando distrattamente il cielo tinto di lilla e rosa e oro, se in realtà non sia possibile vederlo solamente a lei, per qualche motivo.
Accusata di concorso in atti di pirateria.

Serra gli occhi in un sospiro rabbioso, artigliando la stoffa sul ventre su cui ha intrecciato le mani.

« Un facoltoso gentiluomo ha intercesso per la tua liberazione. »

Accumula debiti e cuori infranti con la velocità con cui adesso il cuore le galoppa contro le costole al ricordo della sua ultima notte allo sceriffato.
Sospiri, sesso, sbarre.
Un respiro pesante - espira - le sfugge dalle labbra struccate, respiro che lei avrebbe voluto sentirsi addosso e al diavolo le telecamere - l'ultimo desiderio di un condannato.
Scolopendre sotto la pelle, la fame e la disperazione dell'astinenza in quei bui occhi neri.
Un papavero le carezza le dita affusolate, mentre le stringe e si macchia i polpastrelli di polline.
E' sempre così, in questo nostro 'Verse: raramente si ottiene quello che si vuole.
Non mi importa non mi importa.


Spazio Aereo, Hall Point, 2515

Chiunque abbia detto che una donna inginocchiata si umilia e basta, non ha capito niente.
Uccidersi e ricominciare da capo - un labile confine tra un dolore lancinante e un piacere devastante.
Non mi importa non mi importa.
A lui importa, forse, dato che le ha rivolto a malapena la parola, che ha esitato, che l'ha guardata e afferrata come se nella rabbia dei gesti ci fosse un tacito rimprovero verso se stesso - per cosa, poi, lo poteva solo immaginare.
Aileen avrebbe voluto solamente voltargli le spalle e allontanarsi in una ritirata che non era nemmeno strategica, se solo non fossero stati su una nave in mezzo allo Spazio.

Fuggiva, tuttavia, dalle sue domande - la verità fa fottutamente male - e poteva sentire il fragore di ponti che le crollavano dietro le spalle, tasselli di pietra che precipitano nel vuoto un solo passo dietro di lei.
Scappa Aileen.
Avanti, scappa, se pensi che ti possa portare da qualche parte.


« La casta puttana e il placido cane rabbioso. »

Provare qualcosa e non sapere neanche dargli una forma - un senso, uno scopo.
Nulla fa più male che sentirsi spezzare e rimettere insieme, tutto in una volta.
Prima di addormentarsi lì, sul pavimento della plancia di pilotaggio - che per ben due volte l'ha vista singhiozzante a terra -, Aileen si ritrovò a pensare che lei e gli uomini di Hall Point, per un motivo o per l'altro, non erano un connubio le giovava alla salute.
Non mi importa non mi importa.

domenica 11 agosto 2013

In trappola.

L'ultima volta che si era trovata chiusa da qualche parte senza poterne uscire - contro la sua volontà - era stato ormai tanti, troppi anni fa. La cella della Badass, diventata poi la sua cabina ad un certo punto - durante una maturazione o una decisione che non ha ben capito quando è successa - e rimasta così per sua scelta.
Adesso si trova a fissare distratta la porta serrata oltre il tavolo degli interrogatori - cella o stanza, labile il confine per trattenere una della Casa -, seduta su una brandina cigolante con una tazza di caffè ormai vuota tra le mani. Non sembra capace di lasciarla andare.
Se chiude gli occhi e ascolta con attenzione - udito da musicista -, può quasi sentire i passi degli stivali dei secondi che si aggirano per i corridoi dello sceriffato di Timisoara.

Si è trovata a fissare troppe porte chiuse, ultimamente.
Toccare il suolo ove fino a qualche giorno fa sorgeva l'Hudson's Siren - affondare i polpastrelli nella terra polverosa e vedere sentire provare tutto ciò che è successo lì.Trovarsi davanti la faccia di Haggerty - la sua ansia così divorante da farla rigirare nel letto per notti insonni -, la bomba nel bagno, il timer. Il dolore, nel constatare che davvero l'uomo che aveva aiutato a costruire quel posto, a battezzarlo - Katerina impazzirà - non ha esitato a farlo saltare in aria.
Affrontarlo giorni dopo, cercato con il respiro affannoso in tutto Hall Point dopo averlo intravisto nella luce rossastra dei neon della Roadhouse.

« Ho fatto la cosa giusta. Non ho ucciso nessuno. Ho impedito che Blackbourne uccidesse qualcuno. 
»

Lo stesso Bill Blackbourne che l'ha pagata per consegnare un messaggio - per una notte di sesso - all'uomo che ha voluto sfregiare con quel messaggio. Quello che ha impedito venisse giustiziato e che ancora tenta di scappare, come legge in apprensione nella rete cortex.
Joe Black e il Lupo dagli occhi blu.
Aileen non sa più come fare per aiutare a tenere insieme una Famiglia che sta cadendo a pezzi, dilaniata dall'interno e dagli avvoltoi che fiutano la decadenza in cui sta precipitando Dragan.
E' con quella stessa disperazione che si aggrappa ad Haggerty, seppellendogli ciglia umide nel collo - non era stata capace di denunciarlo, non avrebbe mai potuto sparargli. Che gli chiede se può rimanere per quella notte e avere indietro una risposta colma di disagio.
E' la disperazione - triste amara malinconia - che le fa poggiare la fronte - passi silenziosi in corridoi vuoti - sulla porta della sua cabina. Chiusa a chiave.
Aileen sembra avere tutto, in questo 'Verse: potere, segreti, favori. Ma non sembra possedere le giuste chiavi per entrare in chi continua a tenerla fuori, con ostinato silenzio.
Era davvero rimpianto quello sentito sotto le dita giorni fa?

Annullarsi nell'ennesimo uomo conosciuto per caso, in posti dove una brava signorina non dovrebbe mai andare - c'è molto più di ciò che non appaia in lei. Dopo avergli poggiato una mano addosso, essere risucchiata da una violenza così torbida e viva da lasciarla senza fiato. E scegliere - contro ogni logica contro ogni ragione - di lasciarsi mangiare viva, per sentirsi viva.
Guardarlo negli occhi e gettare le armi, dopo essersi bruciata città alle spalle e aver avvelenato pozzi, senza aver fatto prigionieri.

« You're fucked up. Like me. »
Non gli avrebbe mai dato ragione se non col corpo. 'Ché lei non implora.
Partire per il suo incarico - per Polaris - con la prima nave disponibile, prima di venire fermata alla dogana dal Primo Ufficiale Wright. Sentirsi sbattere in faccia con un ghigno ciò che non avrebbe mai voluto sentire - sospettata per concorso in atti di pirateria.
La calma - e lo sguardo buio, come quello di Joe - di Hale, la richiesta di Rooster.


« Katerina Momic. »

La sua libertà - la sua dignità, la sua reputazione nella Casa - per consegnare alla Confederazione forse l'unica persona che non sarebbe mai capace di barattare di tradire. No.
E le minacce sulla prigione confederata - 
« Non ti daranno dieci ore. » - le sgranano le vertebre con dita gelide, facendola rabbrividire mentre Jack esce dalla porta e se la chiude alle spalle - forse ti prego è solo il Dexepam che finisce il suo effetto.
Alzò lo sguardo verso il soffitto, in cui è incastrato il registratore. In trappola.
Si rese conto per la prima volta, con lucida disperazione, di essere davvero fottuta.

martedì 30 luglio 2013

Polvere, baci e margherite.

La gente di Bullfinch - gli uomini di Rooster - ha qualcosa di selvatico, una ruvidezza intrinseca che a sfiorarla gratta sotto i polpastrelli, come carta vetrata.
Ha l'odore di chi lavora all'aperto, di erba e terra umida, di chi dorme con le armi sotto al cuscino - polvere da sparo e sudore.
Sam Hale ha la forza e fissità di uno scoglio che le onde di mille dolori - una risacca di risentimento sangue guerra - non sono riusciti a corrodere. Non fino in fondo. Ha l'educazione polverosa e rigida di chi è cresciuto in un certo modo, in un certo mondo, con certi valori - radicati e saldi quanto la sua morale.
Crede fermamente, dunque, che la morale sia una sola, che quella linea sulla sabbia che Aileen si diverte molto spesso a cancellare - dispettosa - con le dita sia in realtà un riferimento puramente arbitrario; che anche cancellata, la divisione rimanga e la barricata in cui stare si scelga.

« Vivi in un mondo che non esiste, Aileen. »

Quel mondo che può essere reale solo dalla prospettiva del sogno, in cui le piace smarrirsi spesso e volentieri, 'ché chiudere gli occhi è molto più facile che stare a guardare senza poter far nulla.

« E farti pagare per venire qui con il culo protetto a cercare di difendere l'operato dell'uomo che ti scopava non ti rende la custode del bene e del male. Non ti rende buona. »
Io non sono una brava persona.
Gli occhi di Hale sono zucchero bruciato e fango; attratta dalla dolcezza, era poi affondata senza trovare nulla a cui aggrapparsi. Non aveva detto nulla, così lui aveva ascoltato solo il suo silenzio - implacabile.
André Vandoosler ha smorzato il rimprovero - il disprezzo il biasimo la rabbia - che le stavano rovesciando addosso - Wright e una biondina - poggiandole sul capo una coroncina di margherite intrecciate - un sussulto quasi avesse le spine o fosse troppo pesante.
L'ha assaggiata sfiorandole le labbra, senza apparente motivo, e ad Aileen era sembrato quasi di sentirgli in bocca il sapore di quelle more che aveva portato in dono a Joe solo la sera prima - l'Ultima Cena di un condannato.


« Le more erano solo more. 
»

Ha rivisto lui e Bolivar la sera della sua partenza - una sacca e tanti pensieri -, nella piazza di Timisoara che si andava svuotando lentamente.
Renee non ha fatto altro che far scivolare gli occhi da lei a tutt'altro, imbarazzato dai discorsi - da lei dal suo aspetto dalla sua essenza. Il rossore che si è sparso a ditate sotto l'ematoma cozzava violentemente con il suo aspetto selvatico, di un uomo che non è stato addomesticato ma che semplicemente ha la dolcezza necessaria per convivere pacificamente con gli altri. La guarda e agita la coda, diffidente, incuriosito, annusando l'aria per valutarla.
Ha gli occhi blu - cristallini e trasparenti -, laghi dal fondo sassoso: ci puoi guardare dentro, fino alle viscere, e non trovare un grammo del buio che si annida in quelli di Hale. Non per questo, tuttavia, non fa male affondarci le mani.
André le ha offerto bloom e sguardi roventi; guardarlo in quei pozzi oscuri, talmente densi che poteva quasi sentirseli addosso - sulla pelle sulle labbra -, era affacciarsi sull'orlo di una voragine. Era perdere qualsiasi raziocinio - di nuovo - e inciampare nell'ennesimo paio di occhi neri che si divertono a scombussolarle un equilibrio faticosamente mantenuto - una lotta furibonda con l'inconscio e la coscienza, il desiderio e il controllo.
Il suo sguardo, come una carezza smeraldina, ha indugiato pigramente sulle linee d'inchiostro che gli marchiano la pelle, cucita a filo nero e buchi nella pelle - l'ago d'inchiostro e l'ago di sballo. Le ha fatto affondare le dita senza alcun riguardo, con una presa selvatica, nel viola che gli macchia il costato, vicino al cuore - un galoppo impazzito di emozioni in piena.
Voleva farsi male e voleva che fosse lei a farlo.

Aileen non ha neanche fatto in tempo a chiedersi cosa si fosse fatto che lo sguardo affamato e disperato del tracker le ha bloccato le parole in gola, confitte come una spina - bocca impastata per la bloom e per chissà che altro.

« Dieu, ti giuro che il prossimo ragazzino che ammazza te lo faccio seppellire con queste tue belle mani. »

Lui aveva schiantato la bocca sulla sua con un'urgenza che aveva del doloroso bisogno - una forza che aveva azzerato la necessità di respirare.
Si era staccato da lei altrettanto bruscamente, facendola inciampare nel filo che gli aveva seguito dagli occhi - strattoni e respiri affannosi, spezzati. Il rossetto sbavato sulle labbra di André aveva ancora il sapore della lussuria che le aveva rovesciato in bocca.
Era successo davvero?
« Tienila fuori. »

Katerina. Tienile la testa attaccata al collo. E' lei che vuole entrarci.
Qualcosa di pericolosamente simile al terrore le era strisciato su per la spina dorsale, vertebra dopo vertebra, mentre l'uomo che l'aveva appena baciata si era girato e, come nulla fosse accaduto, era tornato da Bolivar - gli occhi blu di Renee che la fissano, indecifrabili. Che hanno visto tutto quanto.
Sentirsi come una bambina colpevole, lo sbaffo di rossetto tolto con un tremito del pollice.
Indugiare, rallentata dalla droga - dallo smarrimento.
Poi aveva preso un respiro profondo.
Aveva preso la sacca - dalla polvere rossa -, si era girata e se n'era andata.

domenica 28 luglio 2013

Succo di more.

Le macchie viola sulle labbra di Joe Black - che avrebbe voluto baciare via invece che levare col pollice -, nei suoi pensieri silenziosi di ritorno all'affittacamere di Timisoara, assomigliavano tanto ad un fosco presagio.
Verrà la Morte e avrà i tuoi occhi le tue labbra.
More nere, occhi neri.
Anche André ha gli occhi neri - pozzi di buio in cui s'agitano guizzi sibillini e stonati - che rimbalzano tra il Weaver sdraiato nel letto e lei, quasi volesse aggrapparsi al suo sguardo per far smettere quel qualcosa che gli squassa i nervi. Nervi che lei stessa si ritrova a stringere, intrecciando dita affusolate a quelle dell'uomo in piedi accanto a lei - un istinto come lava liquida.
Joe guarda la sua mano intrecciarsi a quella di André e stringe le labbra, distogliendo lo sguardo - pensieri distillati in tortuosi alambicchi.
« Così ti bruci. »
Aileen non capisce se la premurosa raccomandazione di Black sia rivolta al polpastrello del biondo - un marchio pulsante lasciato dall'accendino - oppure a qualcos'altro, che nessuno vuol dire ad alta voce.
I passi silenziosi sullo sterrato, 'ché la capitale di Bullfinch conserva quel fascino polveroso di un paese costruito sui campi e sul sudore, la portano in strade non ben conosciute, che percorre a memoria dalle indicazioni fornitele dal secondino.
Il sussurro all'orecchio di Dragan, anche solo a mormorarlo, ha avuto la violenza della confessione disperata, un egoistico bisogno di dire per la prima volta ad alta voce parole incastrate in gola come una spina.
Ti ho amato quando tutto mi implorava di smettere.
Non sa perché ha voluto incenerire con un pacato mormorio tutti quei silenzi degli ultimi anni - una calda notte in una cella di Timisoara -, non sa se inconsciamente ha sentito il peso di quella condanna sulle spalle dell'uomo e avesse voluto parlare - prima che sia troppo tardi.
E forse, adesso, ho smesso davvero.
Così come lui, con ingenua o disperata fiducia, crede che lei sappia con sicurezza tirarlo fuori di lì con la testa attaccata al collo. O piedi piantati per terra, 'ché la pena capitale è appendere un uomo finché morte non sopraggiunga.

« Tu non sai niente, Joe Black. »
Non accetta che quell'uomo davanti a lei si scavi la fossa con le proprie mani. Non si salva chi non vuole essere salvato, di sicuro non da se stesso.

In realtà, pensò Aileen svoltando nella terza traversa verso uno sgangherato edificio di legno e mattoni, la paura di non riuscire a fare qualcosa per lui la paralizza; se Dragan morisse, non riuscirebbe più a guardare in faccia Katerina. Se morisse, la Famiglia la ricorderebbe sempre come colei che non è riuscita a fare abbastanza.
Non sono mai abbastanza.

« Questa non è l'ultima volta che ci parliamo. »
Schioccò la lingua sul palato, scacciando la strisciante sensazione di un paio di dita fredde lungo la colonna vertebrale - pronunciare quell'affermazione per convincere se stessa più che chiunque altro.

Lo sguardo immobile di Dragan al di là delle sbarre - solido ferro tra i loro occhi, e non solo nella sua testa - le ricordò tantissimo gli anni passati, il sapore di un'intimità silenziosa e complice, quando le scavava nell'anima per capire come colmare la distanza tra loro.
Questa volta, tuttavia, vi lesse una muta rassegnazione che neanche lei si seppe spiegare.
E, improvvisamente, l'afosa notte di Timisoara divenne gelida.


When God is gone and the Devil takes hold,
who will have mercy on your soul?



domenica 7 luglio 2013

Again and again.

Di nuovo.
Di nuovo quel ronzio insistente nell'orecchio - perforante doloroso alienante - che la costringe a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati, le coperte gettate malamente di lato, 'ché l'aria di piombo di Greenfield sembra quasi appiccicarsi addosso, polverosa e implacabile.
Forse il ronzio è solo il chiasso del Saloon al piano di sotto - ti prego fai che non siano i miei pensieri.
Forse stava semplicemente cancellando rabbiosa quella linea tra l'autocontrollo e la voglia di esplodere.

Di nuovo un uomo - quello che doveva essere il suo uomo - le aveva voltato le spalle. Insultata, accusata, un processo alle intenzioni senza neanche possibilità d'appello alla giuria.
« Non hai saputo dargli il giusto significato, Aileen. Quello ormai è solo un oggetto qualunque. »
Un oggetto che lei stessa aveva lasciato cadere per terra, trattenendo le lacrime con tutta la disperata  violenza di cui era capace, senza neanche guardarlo perdersi nell'erba umida della rugiada della sera.
Questa volta era stato il suo turno, quello di andarsene senza più voltarsi - lacrime amare in una corsa a perdifiato sul sentiero sterrato.
Colui che le aveva offerto un'alternativa e malgrado lei stessa avesse tentato un compromesso - le Accompagnatrici non posso avere un'esclusiva -, gliel'aveva sbattuta in faccia, infuriato, sfogando la frustrazione di una verità che, forse, le avrebbe potuto confessare prima.
Avresti dovuto fermarmi, prima di farmi cadere.

Di nuovo Joe si era rifatto vivo, e non era servito a nulla leggere rileggere quel messaggio tentando di trovarci una ragione - un senso - per cui cancellarlo senza neanche pensarci.
« Lo so che non ne ho il diritto.
Lo so che il tuo mondo è estremamente lontano dal mio, adesso.
Lo so che ti ho fatto del male.

Ma mi sto spezzando a metà, Aileen. Ed ho bisogno di vederti. »

Uno dei grandi problemi di Aileen Ward - splendidamente umana - è che esistono persone a cui non riesce a dire di no; che le fanno dimenticare tutto il resto e annullarle qualsiasi cosa che non sia la disperata voglia di aiutarle come riesce, in qualche modo.
Forse, vorrebbe solo aiutare se stessa.
Ma come al solito, Joe Black appare e scompare come il vento capriccioso e irruento, scompigliandole i pensieri e i sentimenti senza riflettere.

Di nuovo aveva ceduto all'egoistica sensazione di sentirsi bene - di provarci, per lo meno - e aveva scritto ad Haggerty.
Patetica, disperata, innamorata.
Di nuovo era andata a sbattere contro un muro di silenzio, cupo e assordante. E si era odiata, nel silenzio di quella notte, per aver calpestato ancora una volta la sua dignità per il brivido di quattro parole di conforto.
Alzati Leen, non c'è più la mamma a consolarti.La voce perentoria di suo padre le pizzicò le orecchie, aggiungendosi a quel fastidioso ronzio.

Si alzò sbuffando dal letto, scalciando le coperte, perfettamente vestita - non aveva tempo o voglia di levarsi i vestiti di dosso, per paura che se solamente avesse toccato qualcosa in quell'equilibrio precario, si sarebbe sfaldata sotto le sue mani.
I passi silenziosi avevano riguardo di inesistenti ospiti sotto il pavimento, ma l'abitudine è dura a morire.
L'abitudine - di fidarsi degli uomini sbagliati - la stava ammazzando più veloce del previsto.
Il piccolo lavandino della camera la sostenne, in quella marcia interrotta verso la porta. Lo sguardo verde - torbide foreste in cui ha smarrito persino se stessa - sembrò perdersi sulla goccia che ritmicamente ticchettava sulla ceramica.

« Tu e Haggerty state insieme? »
« No. »

Ammetterlo ad alta voce per la prima volta, davanti ad Edwards - c'è lei adesso tra le sue braccia - le fece realizzare che quel qualcosa che c'era stato tra loro, in qualche strano - bellissimo - modo, era davvero finito.
E avrebbe voluto abbracciare la bionda dagli occhi sempre seri e mormorarle all'orecchio di volergli bene, di tirargli schiaffi quando se li merita. Di fare quello che a lei non era più concesso.
Invece le aveva sorriso, amara, e si era limitata ad ascoltare, a cambiare argomento.
Almeno quella volta, il Lupo aveva smorzato il rimpianto di quei giorni ormai lontani.
E adesso?
Guardò distrattamente il cortex poggiato sul lavandino sbeccato - quando ci era finito lì?
Muto, vuoto, esattamente come l'aveva lasciato solo qualche ora prima.

Le dita affusolate artigliarono il bordo del lavabo, se non si fosse appoggiata probabilmente le ginocchia le avrebbero ceduto, senza tregua.
Ma neanche la ceramica sotto i polpastrelli - sotto il peso di tutti quegli occhi neri - le poté impedire di accartocciarsi, su se stessa.
Improvvisamente non si era mai sentita così sola, accovacciata sul pavimento di una camera in affitto.
Qualcosa le strinse - doloroso, crudele - lo stomaco in maniera inequivocabile.
Il ronzio smise di tormentarle le orecchie.
E Aileen, ingoiando tutto l'orgoglio che le stava avvelenando l'anima, cominciò a piangere.