mercoledì 10 aprile 2013

Di uomini e guai.


La presa di quella mano, sulla parte bassa della sua schiena nuda, era salda e prepotente.
Aileen si trovò a fissare negli occhi l'ennesimo cliente, all'ennesimo ballo dell'ennesima serata.
Ennesima noia.
Lo scollo del lungo vestito orientale - vertiginoso sulla schiena flessuosa - lasciava ben poco all'immaginazione, e il suo attuale accompagnatore pareva intenzionato a coprire con la mano quanta più pelle possibile da sguardi indiscreti.
E dire che stavano ballando nel centro della sala, immersi nel chiacchiericcio della folla danzante assieme a loro, in un turbinio di stoffe, colori e bollicine - risate maligne dietro bicchieri di cristallo.
L'apparenza di cui si era sempre ammantata la società del Core era puro oro placcato, scintillante e di gran classe. Ciò che ci stava sotto, nella maggioranza dei casi, era feccia.
I polpastrelli del suo compagno, appena ruvidi sulla pelle liscia, la strinsero ancora, avvicinandola ulteriormente in un'aggraziata giravolta sul posto, riducendo qualsiasi distanza; lei si costrinse ad un sorriso, quando in realtà avrebbe voluto solo staccarsi e dirigersi senza più riflettere dal primo cameriere vagante e relativo vassoio di alcolici e affogare quella serata cominciata sotto i peggiori auspici.


Gli uomini della sua vita sono sempre stati un'accozzaglia di estremi non ben definita.
Suo padre aveva la fissa delle bestie feroci, quasi un'ossessione - guarda la tigre negli occhi, Aileen, senza paura, 'ché loro l'annusano.
Forse è stato per questo che sua madre s'innamorò di lui, forse vi trovò lo stesso indomabile spirito. Ci voleva solo un'altra anima affine per spegnere il fuoco di Darren Ward.
Suo fratello Michael, il dispiacere più grande che un padre possa mai avere, era forse peggio.
Fiero, orgoglioso, strafottente.
Credeva che ogni cosa, in quella parte del 'Verse, fosse sbagliata: troppo stretta, troppo facile.
Troppo dolorosa.

In quella serata, dove la sua bocca rossa sorrideva forzatamente all'uomo che la stringeva tra le braccia, si trovò a considerare che forse aveva scelto il mestiere di Accompagnatrice perché in realtà lei con gli uomini non ci sapeva proprio fare; non da un punto di vista emotivo, di certo.
Credeva che fossero tutti come suo fratello - arroganti e tormentati - o come suo padre - dolci ma assenti.
Le piaceva avere sempre il controllo della situazione, in qualsiasi situazione; i sentimenti, nel suo lavoro, non erano compresi. Poteva essere la fantasia di una giornata o l'incubo di una notte, ma qualunque cosa volesse da lei il cliente - diplomazia sesso chiacchiere - doveva essere rapida.
Senza traccia alcuna.

Purtroppo, si trovò a considerare distogliendo lo sguardo verde oltre la spalla del suo ballerino, ultimamente le cose le stavano completamente sfuggendo di mano.


Quando fu abbastanza grande dal poter essere considerata interessante agli occhi maschili, si trovò quasi spiazzata dal suo non esserlo affatto nei loro confronti. Troppo impegnata a studiare, ad evadere da quella realtà che le stava diventando quasi insopportabile, soffocata dai due uomini della sua vita impegnati a farsi la guerra. Quella stessa Guerra che nel frattempo già dilaniava il loro mondo a sufficienza, vissuta di sfuggita nei palassi di Elèria, nelle pagine in cui le si rifugiava.

Gli uomini erano, e sono sempre stati per lei, svaghi momentanei, infatuazioni passeggere.

Meri oggetti di un desiderio che brucia rapido e ancor più svelto si consuma nei sospiri di una notte di sesso.

L'amore - quello che sua madre le aveva così tanto raccontato di provare per suo padre, sempre e comunque - era molto lontano dalla sua concezione di "relazione", qualcosa di così astratto da poterlo a malapena concepire.

La musica si fermò all'improvviso, così i passi del suo sorridente cliente. La presa rimase ancora qualche istante, salda e possessiva, prima di lasciarla andare con delicatezza.
- Siete una ballerina formidabile, Miss Ward.
Sorridi e annuisci.
- Anche lei Mr. Lockwood. Mi scusa un attimo?
Fuggi e sorridi.
Il ticchettio dei tacchi, verso la veranda della villa.
Inspira, espira.

L'aria fresca di una delle tante sere di Horyzon, pelle d'oca sulla pelle nuda, fu quasi un sollievo dopo il chiacchiericcio penetrante, il calore avvolgente di quella sala piena di balli e alta società.
Il momento in cui smette di essere mostrata agli altri come un trofeo dal braccio di qualcuno.



- Perché ti odio, ma anche un po' il contrario.

Si rabbuiò appena, sospirando amaramente.
Non avrebbe più permesso che l'ennesimo uomo le scombinasse la testa. Il suo uomo di St. Andrews - la passione sopita che si risveglia, e non dovrebbe - era lontano. E l'altro uomo, quello dal sarcasmo sempre pronto ma lo sguardo gentile, le aveva già detto di no.

E allora perché, perché continuava a pensarci?
La bocca rossa si strinse una linea dura - purpurea, quasi avesse bevuto dello sciroppo di amarene. La bocca di una Madonna. No, quella di una puttana.
Avrebbe soffocato i suoi pensieri nelle spinte di quell'uomo da cui stava rientrando, dopo il suo attimo di pausa.
Del resto, Aileen Ward sapeva fin troppo bene quale e quanta imperfezione era necessaria per provare un sentimento vero. Quanta onestà c’era negli errori e quanta umanità nel pagarli.
E questo, non se lo poteva più permettere.

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