martedì 30 luglio 2013

Polvere, baci e margherite.

La gente di Bullfinch - gli uomini di Rooster - ha qualcosa di selvatico, una ruvidezza intrinseca che a sfiorarla gratta sotto i polpastrelli, come carta vetrata.
Ha l'odore di chi lavora all'aperto, di erba e terra umida, di chi dorme con le armi sotto al cuscino - polvere da sparo e sudore.
Sam Hale ha la forza e fissità di uno scoglio che le onde di mille dolori - una risacca di risentimento sangue guerra - non sono riusciti a corrodere. Non fino in fondo. Ha l'educazione polverosa e rigida di chi è cresciuto in un certo modo, in un certo mondo, con certi valori - radicati e saldi quanto la sua morale.
Crede fermamente, dunque, che la morale sia una sola, che quella linea sulla sabbia che Aileen si diverte molto spesso a cancellare - dispettosa - con le dita sia in realtà un riferimento puramente arbitrario; che anche cancellata, la divisione rimanga e la barricata in cui stare si scelga.

« Vivi in un mondo che non esiste, Aileen. »

Quel mondo che può essere reale solo dalla prospettiva del sogno, in cui le piace smarrirsi spesso e volentieri, 'ché chiudere gli occhi è molto più facile che stare a guardare senza poter far nulla.

« E farti pagare per venire qui con il culo protetto a cercare di difendere l'operato dell'uomo che ti scopava non ti rende la custode del bene e del male. Non ti rende buona. »
Io non sono una brava persona.
Gli occhi di Hale sono zucchero bruciato e fango; attratta dalla dolcezza, era poi affondata senza trovare nulla a cui aggrapparsi. Non aveva detto nulla, così lui aveva ascoltato solo il suo silenzio - implacabile.
André Vandoosler ha smorzato il rimprovero - il disprezzo il biasimo la rabbia - che le stavano rovesciando addosso - Wright e una biondina - poggiandole sul capo una coroncina di margherite intrecciate - un sussulto quasi avesse le spine o fosse troppo pesante.
L'ha assaggiata sfiorandole le labbra, senza apparente motivo, e ad Aileen era sembrato quasi di sentirgli in bocca il sapore di quelle more che aveva portato in dono a Joe solo la sera prima - l'Ultima Cena di un condannato.


« Le more erano solo more. 
»

Ha rivisto lui e Bolivar la sera della sua partenza - una sacca e tanti pensieri -, nella piazza di Timisoara che si andava svuotando lentamente.
Renee non ha fatto altro che far scivolare gli occhi da lei a tutt'altro, imbarazzato dai discorsi - da lei dal suo aspetto dalla sua essenza. Il rossore che si è sparso a ditate sotto l'ematoma cozzava violentemente con il suo aspetto selvatico, di un uomo che non è stato addomesticato ma che semplicemente ha la dolcezza necessaria per convivere pacificamente con gli altri. La guarda e agita la coda, diffidente, incuriosito, annusando l'aria per valutarla.
Ha gli occhi blu - cristallini e trasparenti -, laghi dal fondo sassoso: ci puoi guardare dentro, fino alle viscere, e non trovare un grammo del buio che si annida in quelli di Hale. Non per questo, tuttavia, non fa male affondarci le mani.
André le ha offerto bloom e sguardi roventi; guardarlo in quei pozzi oscuri, talmente densi che poteva quasi sentirseli addosso - sulla pelle sulle labbra -, era affacciarsi sull'orlo di una voragine. Era perdere qualsiasi raziocinio - di nuovo - e inciampare nell'ennesimo paio di occhi neri che si divertono a scombussolarle un equilibrio faticosamente mantenuto - una lotta furibonda con l'inconscio e la coscienza, il desiderio e il controllo.
Il suo sguardo, come una carezza smeraldina, ha indugiato pigramente sulle linee d'inchiostro che gli marchiano la pelle, cucita a filo nero e buchi nella pelle - l'ago d'inchiostro e l'ago di sballo. Le ha fatto affondare le dita senza alcun riguardo, con una presa selvatica, nel viola che gli macchia il costato, vicino al cuore - un galoppo impazzito di emozioni in piena.
Voleva farsi male e voleva che fosse lei a farlo.

Aileen non ha neanche fatto in tempo a chiedersi cosa si fosse fatto che lo sguardo affamato e disperato del tracker le ha bloccato le parole in gola, confitte come una spina - bocca impastata per la bloom e per chissà che altro.

« Dieu, ti giuro che il prossimo ragazzino che ammazza te lo faccio seppellire con queste tue belle mani. »

Lui aveva schiantato la bocca sulla sua con un'urgenza che aveva del doloroso bisogno - una forza che aveva azzerato la necessità di respirare.
Si era staccato da lei altrettanto bruscamente, facendola inciampare nel filo che gli aveva seguito dagli occhi - strattoni e respiri affannosi, spezzati. Il rossetto sbavato sulle labbra di André aveva ancora il sapore della lussuria che le aveva rovesciato in bocca.
Era successo davvero?
« Tienila fuori. »

Katerina. Tienile la testa attaccata al collo. E' lei che vuole entrarci.
Qualcosa di pericolosamente simile al terrore le era strisciato su per la spina dorsale, vertebra dopo vertebra, mentre l'uomo che l'aveva appena baciata si era girato e, come nulla fosse accaduto, era tornato da Bolivar - gli occhi blu di Renee che la fissano, indecifrabili. Che hanno visto tutto quanto.
Sentirsi come una bambina colpevole, lo sbaffo di rossetto tolto con un tremito del pollice.
Indugiare, rallentata dalla droga - dallo smarrimento.
Poi aveva preso un respiro profondo.
Aveva preso la sacca - dalla polvere rossa -, si era girata e se n'era andata.

domenica 28 luglio 2013

Succo di more.

Le macchie viola sulle labbra di Joe Black - che avrebbe voluto baciare via invece che levare col pollice -, nei suoi pensieri silenziosi di ritorno all'affittacamere di Timisoara, assomigliavano tanto ad un fosco presagio.
Verrà la Morte e avrà i tuoi occhi le tue labbra.
More nere, occhi neri.
Anche André ha gli occhi neri - pozzi di buio in cui s'agitano guizzi sibillini e stonati - che rimbalzano tra il Weaver sdraiato nel letto e lei, quasi volesse aggrapparsi al suo sguardo per far smettere quel qualcosa che gli squassa i nervi. Nervi che lei stessa si ritrova a stringere, intrecciando dita affusolate a quelle dell'uomo in piedi accanto a lei - un istinto come lava liquida.
Joe guarda la sua mano intrecciarsi a quella di André e stringe le labbra, distogliendo lo sguardo - pensieri distillati in tortuosi alambicchi.
« Così ti bruci. »
Aileen non capisce se la premurosa raccomandazione di Black sia rivolta al polpastrello del biondo - un marchio pulsante lasciato dall'accendino - oppure a qualcos'altro, che nessuno vuol dire ad alta voce.
I passi silenziosi sullo sterrato, 'ché la capitale di Bullfinch conserva quel fascino polveroso di un paese costruito sui campi e sul sudore, la portano in strade non ben conosciute, che percorre a memoria dalle indicazioni fornitele dal secondino.
Il sussurro all'orecchio di Dragan, anche solo a mormorarlo, ha avuto la violenza della confessione disperata, un egoistico bisogno di dire per la prima volta ad alta voce parole incastrate in gola come una spina.
Ti ho amato quando tutto mi implorava di smettere.
Non sa perché ha voluto incenerire con un pacato mormorio tutti quei silenzi degli ultimi anni - una calda notte in una cella di Timisoara -, non sa se inconsciamente ha sentito il peso di quella condanna sulle spalle dell'uomo e avesse voluto parlare - prima che sia troppo tardi.
E forse, adesso, ho smesso davvero.
Così come lui, con ingenua o disperata fiducia, crede che lei sappia con sicurezza tirarlo fuori di lì con la testa attaccata al collo. O piedi piantati per terra, 'ché la pena capitale è appendere un uomo finché morte non sopraggiunga.

« Tu non sai niente, Joe Black. »
Non accetta che quell'uomo davanti a lei si scavi la fossa con le proprie mani. Non si salva chi non vuole essere salvato, di sicuro non da se stesso.

In realtà, pensò Aileen svoltando nella terza traversa verso uno sgangherato edificio di legno e mattoni, la paura di non riuscire a fare qualcosa per lui la paralizza; se Dragan morisse, non riuscirebbe più a guardare in faccia Katerina. Se morisse, la Famiglia la ricorderebbe sempre come colei che non è riuscita a fare abbastanza.
Non sono mai abbastanza.

« Questa non è l'ultima volta che ci parliamo. »
Schioccò la lingua sul palato, scacciando la strisciante sensazione di un paio di dita fredde lungo la colonna vertebrale - pronunciare quell'affermazione per convincere se stessa più che chiunque altro.

Lo sguardo immobile di Dragan al di là delle sbarre - solido ferro tra i loro occhi, e non solo nella sua testa - le ricordò tantissimo gli anni passati, il sapore di un'intimità silenziosa e complice, quando le scavava nell'anima per capire come colmare la distanza tra loro.
Questa volta, tuttavia, vi lesse una muta rassegnazione che neanche lei si seppe spiegare.
E, improvvisamente, l'afosa notte di Timisoara divenne gelida.


When God is gone and the Devil takes hold,
who will have mercy on your soul?



domenica 7 luglio 2013

Again and again.

Di nuovo.
Di nuovo quel ronzio insistente nell'orecchio - perforante doloroso alienante - che la costringe a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati, le coperte gettate malamente di lato, 'ché l'aria di piombo di Greenfield sembra quasi appiccicarsi addosso, polverosa e implacabile.
Forse il ronzio è solo il chiasso del Saloon al piano di sotto - ti prego fai che non siano i miei pensieri.
Forse stava semplicemente cancellando rabbiosa quella linea tra l'autocontrollo e la voglia di esplodere.

Di nuovo un uomo - quello che doveva essere il suo uomo - le aveva voltato le spalle. Insultata, accusata, un processo alle intenzioni senza neanche possibilità d'appello alla giuria.
« Non hai saputo dargli il giusto significato, Aileen. Quello ormai è solo un oggetto qualunque. »
Un oggetto che lei stessa aveva lasciato cadere per terra, trattenendo le lacrime con tutta la disperata  violenza di cui era capace, senza neanche guardarlo perdersi nell'erba umida della rugiada della sera.
Questa volta era stato il suo turno, quello di andarsene senza più voltarsi - lacrime amare in una corsa a perdifiato sul sentiero sterrato.
Colui che le aveva offerto un'alternativa e malgrado lei stessa avesse tentato un compromesso - le Accompagnatrici non posso avere un'esclusiva -, gliel'aveva sbattuta in faccia, infuriato, sfogando la frustrazione di una verità che, forse, le avrebbe potuto confessare prima.
Avresti dovuto fermarmi, prima di farmi cadere.

Di nuovo Joe si era rifatto vivo, e non era servito a nulla leggere rileggere quel messaggio tentando di trovarci una ragione - un senso - per cui cancellarlo senza neanche pensarci.
« Lo so che non ne ho il diritto.
Lo so che il tuo mondo è estremamente lontano dal mio, adesso.
Lo so che ti ho fatto del male.

Ma mi sto spezzando a metà, Aileen. Ed ho bisogno di vederti. »

Uno dei grandi problemi di Aileen Ward - splendidamente umana - è che esistono persone a cui non riesce a dire di no; che le fanno dimenticare tutto il resto e annullarle qualsiasi cosa che non sia la disperata voglia di aiutarle come riesce, in qualche modo.
Forse, vorrebbe solo aiutare se stessa.
Ma come al solito, Joe Black appare e scompare come il vento capriccioso e irruento, scompigliandole i pensieri e i sentimenti senza riflettere.

Di nuovo aveva ceduto all'egoistica sensazione di sentirsi bene - di provarci, per lo meno - e aveva scritto ad Haggerty.
Patetica, disperata, innamorata.
Di nuovo era andata a sbattere contro un muro di silenzio, cupo e assordante. E si era odiata, nel silenzio di quella notte, per aver calpestato ancora una volta la sua dignità per il brivido di quattro parole di conforto.
Alzati Leen, non c'è più la mamma a consolarti.La voce perentoria di suo padre le pizzicò le orecchie, aggiungendosi a quel fastidioso ronzio.

Si alzò sbuffando dal letto, scalciando le coperte, perfettamente vestita - non aveva tempo o voglia di levarsi i vestiti di dosso, per paura che se solamente avesse toccato qualcosa in quell'equilibrio precario, si sarebbe sfaldata sotto le sue mani.
I passi silenziosi avevano riguardo di inesistenti ospiti sotto il pavimento, ma l'abitudine è dura a morire.
L'abitudine - di fidarsi degli uomini sbagliati - la stava ammazzando più veloce del previsto.
Il piccolo lavandino della camera la sostenne, in quella marcia interrotta verso la porta. Lo sguardo verde - torbide foreste in cui ha smarrito persino se stessa - sembrò perdersi sulla goccia che ritmicamente ticchettava sulla ceramica.

« Tu e Haggerty state insieme? »
« No. »

Ammetterlo ad alta voce per la prima volta, davanti ad Edwards - c'è lei adesso tra le sue braccia - le fece realizzare che quel qualcosa che c'era stato tra loro, in qualche strano - bellissimo - modo, era davvero finito.
E avrebbe voluto abbracciare la bionda dagli occhi sempre seri e mormorarle all'orecchio di volergli bene, di tirargli schiaffi quando se li merita. Di fare quello che a lei non era più concesso.
Invece le aveva sorriso, amara, e si era limitata ad ascoltare, a cambiare argomento.
Almeno quella volta, il Lupo aveva smorzato il rimpianto di quei giorni ormai lontani.
E adesso?
Guardò distrattamente il cortex poggiato sul lavandino sbeccato - quando ci era finito lì?
Muto, vuoto, esattamente come l'aveva lasciato solo qualche ora prima.

Le dita affusolate artigliarono il bordo del lavabo, se non si fosse appoggiata probabilmente le ginocchia le avrebbero ceduto, senza tregua.
Ma neanche la ceramica sotto i polpastrelli - sotto il peso di tutti quegli occhi neri - le poté impedire di accartocciarsi, su se stessa.
Improvvisamente non si era mai sentita così sola, accovacciata sul pavimento di una camera in affitto.
Qualcosa le strinse - doloroso, crudele - lo stomaco in maniera inequivocabile.
Il ronzio smise di tormentarle le orecchie.
E Aileen, ingoiando tutto l'orgoglio che le stava avvelenando l'anima, cominciò a piangere.